Ci sono sciagurate operazioni cinematografiche della quali la prima cosa che viene da chiedersi è: perché? Ce ne sono altre che il perché lo portano cucito nell’anima, e ti domandi anzi come mai sia accaduto tanto tardi. (altro…)
Prima di qualsiasi accenno all’estetica e all’intento di critica sociale, “Parasite” di Bong-Joon-Ho- Palma d’oro a Cannes- merita di essere illustrato a partire dal suo maggior pregio, la scrittura sublime: una storia originale, semplice, ispirata, perfetta nelle sfumature e nella sceneggiatura. (altro…)
Se facciamo il conteggio proporzionalmente al parco numero parole pronunciate in tutta l’ora e quaranta, forse battiamo il record assoluto di “sì” che mai siano stati pronunciati in un film. La maggior parte delle volte sono “sì” sacrificali (altro…)
Poco più di trent’anni fa Leonardo Sciascia pubblicò un articolo sui professionisti dell’antimafia, e su quel metodo di far carriera che sarebbe consistito, ad esempio, per un magistrato nel divenire specialista processi sulla mafia; (altro…)
Chissà se quando se ne è uscito dicendo: “Che idea! Rifaccio Martin Eden di Jack London e lo ambiento a Napoli!”, gli amici lo hanno deriso con una frase tipo: “Che assurdità! Il solito megalomane!”. Sarebbe, in quel caso, il destino del regista Pietro Marcello coinciso con quello del suo eroe. (altro…)
Evidentemente bisogna arrivare a novant’anni, quelli che aveva il regista polacco Andrzej Wajda quando nel 2016 ha girato questo film, per concepire un intarsio tanto perfetto tra la rappresentazione cruda e tragicomica di un fatto e la sua diramazione metaforica, come avviene nella seconda scena. Polonia comunista del 1948: un pittore è nella sua casa-atelier e si accinge a dipingere sulla tela bianca. (altro…)
In Cina i registi e gli altri artisti visivi si sono assegnati un compito dominante, perseguito con ossessiva diligenza: descrivere l’impatto della modernità sulla Cina, specialmente provinciale e rurale, e la relativa trasformazione dell’ambiente e del tessuto sociale. La loro intenzione è radicalmente critica (potrebbe essere titolata “La modernizzazione come trauma”), e però devono muoversi dentro un equilibrio sottile per non cadere nel peccato che ai tempi di Mao si sarebbe definito “deviazionismo” (altro…)
Probabilmente quando finirà il western finirà il cinema. A di là del fatto che le sue tracce rimangono in diversi film d’azione, il rischio che il genere venga confinato in una riserva indiana (altissimo negli anni ottanta per il rigetto dell’ideologia colonialista) sembra scongiurato; e aumentano i registi affermati che provano a cimentarvisi. Il problema di partenza per tutti costoro è come decostruirne i topoi (che si debbano decostruire è fuori discussione).
Una categoria stucchevole di romanzo è quella che mette in scena, magari nella forma dell’autofiction, lo scrittore di mezza età in crisi creativa. (altro…)
Per frenare l’#immigrazione#Trump ipotizza un muro con il Colorado, che però non confina con il #Messico. Costruirlo magari no, però può sempre disegnarlo.
Di tutto, di meno: panorama di quel che circola sulla Rete
Quelli che seguono sono alcuni commenti a quattro recenti post: uno del deputato ed economista della Lega Claudio Borghi a proposito di quella che “è andata apposta davanti alla Libia a caricare migranti su una barchetta”; uno dell’infoimprenditore Mik Cosentino sul perche si è pagati poco; uno dello chef Antonio Cannavacciuolo sull’abbinamento fra triglia e mortadella; uno del cantante Ultimo con il video del suo brano “Ipocondria”. (altro…)