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Sezioni2020-09-11T15:17:12+01:00

Nel 2005 ho ideato, fondato e diretto una rivista mensile che si chiamava Giudizio Universale. E’ stata in edicola fino al 2008, ha avuto un epigono sul web e in una breve produzione libraria. Chi non la ricorda o la conosce può farsi un’idea della qualità delle collaborazioni qui (link a sottopagina oppure alla voce Wikipedia di Giudizio Universale rivista). La sua novità, assoluta per l’epoca, era che si potesse recensire qualsiasi cosa, non solo un film o un libro, ma anche un ufficio postale, la Sacra Sindone, il car sharing o una pensione per animali. Alcune di quelle recensioni erano inattuali e dunque senza tempo; alcune attualissime, e dunque narrazione dell’epoca; altre preveggenti. Ne riproporrò un’ampia antologia.

La più famosa frase sulla democrazia è “il peggior sistema politico, salvo tutte le altre forme che si sono sperimentate finora”. Il guaio è che, per evitare di essere rubricati tra gli altri regimi, tutti i governi oggi si proclamano democratici. Così quel termine sempre più appare svuotato di significato e obiettivi. Norberto Bobbio, molti anni fa, intitolò il suo testo più noto “Il futuro della democrazia”. Forse di quel futuro c’è da essere più preoccupati adesso, anche se non ce ne accorgiamo. Anzi: proprio perché non ce ne accorgiamo.

Non ho intenzione di rifare la rivista. Un’energia di quel tipo si ha una volta nella vita. Più modestamente riprenderò il genere “recensione”, di nuovo destinandolo indiscriminatamente a una mostra come a un oggetto a una tendenza. Ma fatemi compagnia! Pubblicherò le vostre recensioni purchè contenute in tremila battute, non oltraggiose, di interesse generale e non sospette di personalismo (insomma, se il cameriere è stato scortese al ristorante non è questo lo spazio per vendicarsi). Quelle che mi piacciono di più le farò passare per l’home page. E’ d’obbligo il giudizio finale in soli/ombrelli (vedere a fianco).

Da diversi anni mi ha preso il gusto di comporre limerick, quel tipo di poesie nonsense di origine anglosassone che rispondono a criteri metrici fissi e nel nostro paese hanno trovato la loro migliore espressione in Toti Scialoja. Mi sono concesso varie alterazioni del loro schema di base e poi, con crescente frequenza, quello scheletro formale e il mood che lo accompagna sono rimasti al servizio anche di testi sensati. Alla fine è più facile debellare il senso nella prosa quotidiana che nei versi.

Alla fine il buon vecchio libraio, che ci dà l’amorevole consiglio e, se serve, si priva della copia che stava leggendo per cedercela immediatamente, non è affatto estinto. In difficoltà, adesso, si trovano semmai le grandi catene. Ho selezionato un gruppetto di librerie indipendenti per farci guidare in mezzo agli scaffali e dentro le loro passioni di carta.

Immagini, ferme o in movimento, che mi hanno colpito e che parlano da sole, o al massimo si giovano di una piccola introduzione, anche per ricondurre all’autore. Qualche volta foto o video miei, senza altra pretesa che memoria, testimonianza, esperimento.

Testi sempre brevi: aforistici, narrativi, meditativi, impressionistici. Con un omaggio, nel titolo della sezione, a quel maestro della prosa fulminante che fu Karl Kraus.

Autori, personaggi, stili, generi, tecniche, obiettivi. Riflettere su cosa la scrittura ha rappresentato e continua a rappresentare. Riflettere sul suo essere arte, vizio, tranello, salvezza.

Questa sezione preferisco non introdurla. Meglio che verifichiate voi stessi di cosa si tratta, traendone poi le conseguenze sul mio conto. Anche le più terribili.

Il più breve editoriale possibile. Tutto condensato in un titolo per riassumere, svelare, giudicare.

Lo so, siete abituati che sul web si legge veloce, e che chi scrive tira subito alle conclusioni. Vivete nell’era del multitasking e fate sette cose contemporaneamente, e bisogna affrettarsi per passare alle sette successive. In questa sezione però, più ancora che in altre, vi chiedo di rallentare. Indugiare sul pensiero, il vostro oltre che il mio, come si sofferma lo sguardo su un paesaggio.

La storiopatia, come noto, è una malattia delle storie, che può essere infiammatoria, degenerativa o neoplastica. Per effetto di una carenza di fantasia nel sangue o di una postura scorretta delle parole si può giungere addirittura alla paralisi narrativa. Lo storiopata è un terapeuta, che non disdegna talora di contaminare la sua pratica con discipline di confine, e cura la storiopatia secondo un metodo oh!listico e mah!nipolatorio. Un giorno pubblicherò un libro di memorie, ripete lo storiopata. Però finisce sempre per dimenticarsene.

Come mai tanti intellettuali che elaboravano sofisticate teorie sulla televisione non hanno nulla da dire sul web, salvo qualche banalità? C’è un pericoloso salto generazionale: chi conosce il campo spesso difetta degli strumenti critici per interpretarlo e chi possiede la struttura culturale non conosce il campo. Sarà un algoritmo a proseguire il lavoro della Scuola di Francoforte? Una sezione per riflettere su come legare un irreversibile sviluppo tecnologico con il fattore umano.

Poche cose sono più tecniche della scuola o dell’università, che sono le sedi di un’insieme di competenze. Il risultato che ci attendiamo da loro, però, è assai più che tecnico: cittadini e individui sociali che sappiano dare un senso a quelle competenze. In ciò che a scuola si studia, e in ciò che non si studia, possiamo leggere la cronaca del presente e la previsione del futuro. L’istruzione è una cosa troppo seria per lasciarla ai burocrati, professori e studenti sono troppo decisivi per essere lasciati soli. Proveremo qui a domandarci cosa sia veramente la buona scuola. Anche scrivendola con le iniziali minuscole, perché ogni insegnamento valido parte dall’umiltà.

Questa sezione raccoglie in primo luogo le “aperture” del sito che sono quasi sempre progetti a partecipazione collettiva esterna. Trovate inoltre le auto-presentazioni di altri siti web (oppure dei post trasposti dai medesimi). Sono quelli che, ritenendoli per qualche ragione interessanti, ho contattato con una proposta: scambiarsi uno spazio per una settimana, con la dichiarata utilità di farci conoscere dai reciproci pubblici e il più largo proposito di indirizzare i navigatori del web verso promotori culturali. Infine, può capitare di trovare in Open Space qualche intervento esterno non inquadrabile in altre sezioni e che però mi intrigava ospitare.

Non rassegnarsi alla misura dell’esistente, se sentiamo che stringe alla vita. Far cadere su se stessi il proprio sguardo, dopo averlo allenato a posarsi sul mondo. Ricercare, ricercare: con lo stesso entusiasmo che se si fosse raggiunta la meta.

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