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Pipp food

Di |2022-10-28T15:35:18+01:0029 Settembre 2017|Fuori strada, Pipp Food|

Cominciamo a pubblicare per alcune settimane le recensioni delle trattorie del noto giornalista Michele Raviolino

Mancavo da diversi anni alla “Maionese impazzita”, e l’ultima volta non ero rimasto entusiasta, anche perché era chiuso. Il mio amico Gigio mi fa la soffiata: “Guarda che ha cambiato gestione, è una bomba” e l’altro mio amico Duilio dice di sì con la testa. Anche mio figlio di sei anni ne aveva sentito parlare perché il pupo del proprietario, suo coetaneo, viene sottratto alla scuola dell’obbligo per servire ai tavoli e girare le frittate nella padella. M’intriga e decido di provare. Ambiente essenziale come sempre, ricavato da un vecchio covo delle Brigate Rosse. (altro…)

Voci del verbo aspettare

Di |2020-09-11T15:16:36+01:0029 Settembre 2017|Lo Storiopata|

Cose che si aspettano : il treno, la botta di culo, la sposa all’altare, il notaio in banca, il ventisette del mese, il nemico sulla sponda del fiume, la cottura, il permesso di soggiorno, un bambino, la fine del turno. Precari, ma vivranno insieme, siamo stanchi di aspettare. Ogni giorno ci aspettiamo qualcosa, ma tutto è cosi precario. Nella vita molti si muovono come in sala d’aspetto, sfogliamo distrattamente vecchie riviste di moda in attesa della chiamata. (altro…)

Cosa contraddistingue questo progetto

Di |2020-09-11T15:16:36+01:0029 Settembre 2017|Istruzioni per non morire|

Perché, dopo avere scritto libri per diversi e rilevanti editori, ho pubblicato questo romanzo in rete, per vari mesi gratuitamente e con una formula a puntate, che mi piace definire e-feuilleton?

Qualsiasi intellettuale che voglia scommettere sul futuro della nostra civiltà deve avere in questo momento un obiettivo prioritario: spingere alla lettura gli internauti, andandoli a stanare nei loro spazi. Se poi si riesce a convogliare sugli stessi testi in rete gli abituali lettori cartacei, si compie il prodigio di mettere in contatto due mondi che rischiano ormai una grave incomunicabilità. Personalmente, e nel mio piccolo, ci sto provando con il wrog, e ora con un romanzo che un po’ mischia canoni e registri (con una prevalenza del grottesco) ma ha una struttura formale classica e lineare.

Ho inoltre sperimentato una formula di sostegno che ho chiamato crowdreading*, utilizzando i social per portare l’unico vero finanziamento culturale: lettori, lettori, lettori. Chi è interessato a sapere di più sul crowdreading può accedere qui alla pagina con cui lo presentavo.  A me pare che, con le debite integrazioni, per gli editori sarebbe una strada interessante.

Il libro ha fatto il suo percorso con circa 4000 download tra i vari capitoli. Tutti i capitoli sono stati tra i primi 100 ebook gratuiti di narrativa gratuita su Amazon e il libro concluso ha raggiunto il terzo posto nella stessa classifica di Amazon. Una classifica, dal mio punto di vista, dice poco sul valore di un libro (e dice nulla economicamente se non remunera). Ma Istruzioni per non morire era un testo non allineato nel taglio ai suoi “concorrenti” e quindi il fatto che ci sia stata una risposta sul web ha avuto per me un significato. E’ incredibile a dirsi, ma sono stati più refrattari i lettori forti ad accettare di leggere un romanzo in forma digitale (molti amici non lo hanno fatto) che non i frequentatori maniacali dei social a sperimentare una lettura diversa da quella abituale.

Il progetto è un work in progress, che, esaurita questa fase, passa allo stadio di normale volume in vendita, e la coerenza dell’esperimento impone che la strada dell’autopubblicazione, almeno in prima battuta, venga coltivata anche nella forma cartacea. Anche per essere libero di pensare, nel frattempo, se c’è qualche altra procedura intrigante da sperimentare.

 

 

*La parola crowdreading, in verità, è stata già qualche volta utilizzata ma con significati profondamente diversi, che vanno dalla piattaforma collettiva per lettori all’opposto del test di marketing che prevede la somministrazione “controllata” di alcuni capitoli di un libro per sondare la reazione del mercato o di un pubblico mirato. Mi pare ad oggi termine non sufficientemente consolidato e mi sento quindi padrone di coniarne un uso differente, che trovo anche meglio rispondente alla ricercata assonanza con crowdfunding.

 

 

Cos’è il crowdreading e come praticarlo

 

Caro lettore che sei capitato su questa pagina, devo dedurre che è vero almeno uno di questi punti:

  1. Sei curioso di sapere cosa intendo per crowdreading.
  2. Ti piace il progetto di cui è prototipo di “Istruzioni per non morire”
  3. Ti sta piacendo il romanzo
  4. Stai pensando “vediamo questo stupido dove vuole arrivare”.

 

Facciamo che siamo in uno dei primi tre casi e andiamo avanti.

Questo breve testo in parte riguarda il crowdreading del mio romanzo “Istruzioni per non morire”;e in parte riguarda il crowdreading in generale.

 

Crowdreading è un termine sin qui molto poco usato e quindi non ancora di significato definito, ma in linea di massima si riferisce alla condivisione di esperienze di lettura (una piattaforma molto promettente al riguardo è Betwyll).

Qui lo intendo, in assonanza con il noto crowdfunding, come supporto digitale a un progetto editoriale disponibile digitalmente (un libro, un magazine, un altro testo): persone che aiutano quel progetto non facendo confluire fondi ma lettori. Siccome mi piaceva che questa sperimentazione fosse “pura” ho voluto escludere ogni ritorno economico per l’autore e tenere il libro gratuito: il sostegno, insomma, non è economico neppure indirettamente ( e quindi chi fa crowdreading non ne ricava nulla se non la mia nominativa manifestazione pubblica di riconoscenza). D’altronde mi sono reso conto, con dei test diretti, che mettere gratuitamente dei libri a disposizione di persone mentre attendono di fare qualcosa aumenta esponenzialmente il livello di difficoltà del testo che sono disposti a leggere (e se ne mostrano felicemente sorpresi!).

 

Come si fa questo crowdreading? Io direi principalmente in quattro modi (ma sarei felice di apprenderne altri). Un modo più impegnativo è mandare messaggi mirati, via mail o FB. Un altro è mettere “segui” sulla pagina del wrog scegliendo “mostra per primo” in modo da ricevere gli aggiornamenti e poterli condividere su FB. Il più semplice è condividere su Whatsapp le puntate da www.remobassetti.it/istruzioni-per-non-morire. Un modo infine non a portata di tutti è pubblicare sui propri media (come un blog personale) il link e l’invito, ma è tanto più crowdreading quanto meno quello spazio web è deputato a fare informazione culturale. Spero che facciate qualcuna di queste cose. Ma procediamo con il crowdreading più in generale.

 

Il crowdreading si differenzia da un normale passaparola perché non si limita a dire “hai letto quello?”, come si potrebbe dire tra fan di un romanzo cartaceo (ma vai a sapere se poi chi riceve il messaggio se ne ricorda quando è in libreria) ma il “quello” diventa un “questo”, è un testo reso immediatamente disponibile. Ovviamente avviene anche quando si manda un file in allegato: ma il crowdreading presuppone: 1) un contenuto culturale 2) l’uso di strumenti e software digitali normalmente impiegati per comunicazioni alternativamente fatue/di servizio/visive/ludiche/di mero contatto 3) che il progetto sia nato pensando che il testo possa trovare una condizione di vitalità se non di esistenza attraverso il crowdreading (come accade per il crowdfunding) oppure 3a) che il progetto consista nel desiderio di una community di creare crowdreading intorno a un testo esistente.

 

Al massimo grado il crowdreading immagina inoltre che: 1) tra chi richiede il crowdreading e chi lo asseconda si crei una qualche forma di arricchimento contenutistico del progetto (non per forza una scrittura cooperativa: ma per lo meno confronto, giudizio, feedback, contatto) 2) che quelli che partecipano a progetti di crowdreading vengano messi in reciproca condizione di conoscenza virtuale, e possano prenderne spunto per dare seguito a nuovi progetti di crowdreading o realizzarne in proprio.

 

Dietro il crowdreading, dunque, c’è l’ottimismo sulla possibilità di sfruttare i mezzi digitali per incrementare la lettura anziché contrastarla.

Per quel che mi riguarda, cessata la sperimentazione sul mio libro, mi piacerebbe rimanere in prima linea per definire, perfezionare e sviluppare creativamente questa pratica.

Resistenze dei popoli

Di |2020-09-11T15:16:36+01:0029 Settembre 2017|Open space|

Gli indios Guaranì in Brasile resistono all’espropriazione delle loro terre

Il guerrilla gardening resiste al grigio e al cemento metropolitano

Le comunità della Guinea Bissau resistono alla deforestazione del loro Paese

Raja Fajar Azansyah resiste al dissesto idrogeologico del Borneo

A Dakar, in Senegal, le scuole di strada combattono l’analfabetismo e le disparità fra i sessi nell’accesso all’istruzione

Le informazioni da cui dipende la nostra vita

Di |2021-11-26T15:44:45+01:0029 Settembre 2017|Motori di ricerca interiore|

Partiamo con qualche esempio. Sono un rapinatore di banche e mi aggiro in questi giorni nel centro di Torino per studiare un colpo nei prossimi mesi: ne concludo che non è la città adatta, hanno militari ad ogni angolo di strada! Sono un fissato dei ristoranti tipici abruzzesi e ne incoccio uno che esibisce l’adesivo della guida Michelin: (altro…)

“Prisoner 709” di Caparezza.
La recensione.

Di |2020-09-11T15:16:37+01:0029 Settembre 2017|Il Nuovo Giudizio Universale|

Michele Salvemini, in arte Caparezza, è il miglior paroliere italiano. Non solo nel senso di più bravo scrittore di testi per le canzoni. Mettiamo in pista tutti i mestieri in cui l’uso della parola è decisivo: scrittore, retore politico, giornalista, seduttore televisivo, seduttore notturno, formatore nel coaching, poeta, drammaturgo, logopedista, interprete, attaccabottone, ambulante col carretto, membro dell’accademia della crusca, penalista, rappresentante, pataccaro, cantante. E’ impossibile farli competere tutti in una classifica assoluta. Però, se stiliamo una classifica relativa di efficacia e qualità delle parole rispetto all’obiettivo è difficile trovare qualcuno produttivo e continuo come il cantautore molfettese. (altro…)

Il trailer del romanzo

Di |2020-09-11T15:16:37+01:0029 Settembre 2017|Istruzioni per non morire|

Scaricalo o guarda qui sotto il trailer

SCARICA QUI IL ROMANZO

 

“E’ venuto il momento, Roberto. Fra quattro giorni devi morire”.

Il cuore di Roberto diede uno strattone. Lo stava minacciando? Provò ad afferrarlo per il braccio ma la sensazione che ricevette dal contatto lo terrorizzò.

“A tutti. Capita a tutti. Da sempre non c’è una sola persona che quattro giorni prima di morire non abbia ricevuto la nostra visita e l’avvertimento”

“Nostra? E chi sareste “noi”?

“Quelli che vengono ad avvertire”

“Sì, d’accordo…intendo…cosa siete, cosa è lei? Un angelo?”

L’altro si schernì con un gesto e abbozzò un sorriso.

“Lasciamo perdere gli angeli, Roberto. Comincia a entrare in quest’ordine di idee. Non ci sono angeli, non ci sono diavoli. Non sono venuto a prenotarti né per il paradiso né per l’inferno.

“Ricorro? E’ come se fosse un tribunale…”

“Chiamalo come ti pare”

 

 

Aveva una vita di ritardo per mettere insieme un ricorso decente. Si sarebbe affidato all’estro del momento. Da poche ora aveva sfiorato la morte e in questo momento gli faceva meno impressione. Non c’è nulla per cui non ci si possa allenare efficacemente, nemmeno morire. Ora comprendeva la saggezza stoica dei filosofi, e anche l’arditezza del soldato che scavalca per la centesima volta la trincea sotto il tiro nemico.

 

 

L’idea di Machaut, dunque, era quella di convincere, in cambio di una retribuzione monetaria, persone gravemente malate a lasciarsi installare, tramite una semplice iniezione, una micro-sonda in grado di navigare attraverso i vasi sanguigni  cogliendo ogni sintomo negativo dell’organismo e spostandosi in funzione di quello. I suoi segnali sarebbero stati tradotti in un apparato acustico-visivo accattivante, dando la possibilità agli acquirenti delle app di seguire questi passaggi su uno schermo.

 

 

Quel giorno emerse dai veli e rotolò sotto Roberto. Le bocche lanciarono le reti. Il seno di Amande era un commento a margine, e Roberto si rassicurò nel percepirlo carico di attese. Lo lesse con cura, senza perdere il segno con il dito e infine lo riepilogò in un’unica stretta. La lingua di lei reagì con una scossa elettrica e si disperse per portare la buona novella al corpo tutto di lui. Lui le entrò dentro subito con un’aggressiva voglia di vivere che lei scambiò per rabbia.

 

“E’ un parente? Non avevo mai visto nessuno con lui”

“No, io…io faccio parte di un’associazione di volontariato. Veniamo…veniamo negli ospedali ad assistere chi non ha nessuno vicino e a dire una preghiera per lui”.

“Ho sentito che gli parlava. E’ bello questo, anche se non può sentirla. Anzi, è bello proprio perché non può più sentirla”.

Roberto esitò prima di replicare: “In che senso?”

“Nel senso che lo trovo un bell’omaggio. Tra persone coscienti la metà del tempo la passiamo parlando a persone che non ci ascoltano, e la consolazione è che faremo altrettanto quando sarà il loro turno. Ma qui è differente. Lui è già lontano da qui.  Però il suo corpo ancora si aggrappa a quello che trova. E noi gli infiliamo tra le dita l’ultimo biglietto di saluto. Guarda che anche se non ci sei più io ti parlerò egualmente. Con mio marito lo faccio da tre mesi ormai”.

 

“Uno spiritista” rise artificiosamente Rouzier “Un infiltrato nella congrega dei Pra-Pra, Pragmatici Programmatori. Alla prossima assemblea, padre Polbec, chiederò la sua espulsione dalla compagnia. Ma non stiamo a farla lunga! Il nostro immenso capo, che ha una marcia in più del mondo, compresi tutti noi quattro messi insieme, si diverte a prenderci per il culo con la storia della pornografia. Gamification? Ve lo siete scordato? Questa è l’epoca in cui l’uomo, finalmente, è riuscito a ridurre tutto a un gioco. Mettendo da parte ogni fottuta ipocrisia. Quando tutti, seduti al tavoli di pranzo, guardavano il telegiornale la voce del mezzobusto che annunciava una strage veniva sempre coperta dalla richiesta di passare il sale. Qualcuno si è mai guastato l’appetito? ”

 

Rose si era improvvisamente irrigidita.

“Cosa ho detto che non va? Era solo un’ipotesi…”

“Sono arrivati, maledizione. Guarda quel tizio con la maglia a righe che sta passeggiando dal lato opposto”

“Quale? Oh, ma…è quello che mi sta seguendo da giorni! Adesso vado…”

“Fermo, non ti muovere! Maledizione! Ti segue da giorni? Sono stati più veloci di quanto credessi. Hanno immaginato che potessi tornare da mio padre e hanno messo quello a presidiare la zona. E’ un killer, una iena. E’ americano ma partecipava alle riunioni del cartello. Briggs si chiama”.

 

 

La conversazione fu minima, ma Lilith non pareva accorgersene. Benchè consapevole che la vera intimità consiste nella possibilità di rimanere in silenzio per ore quando si è insieme, Roberto non finiva mai di stupirsi dell’incapacità che lei aveva di percepire i suoi stati d’animo, e della sua tendenza a lasciare libero spazio al mutismo di lui quando era evidente che proveniva da angoscia o irritazione. D’altronde Lilith girava al largo da ciò che poteva creare conflitto o tensione: Roberto paragonava il suo modo di stare al mondo a quello del bagnante sulla spiaggia che sposta continuamente la sdraio a ogni movimento del sole per conservare la frescura dell’ombrellone ed evitare accuratamente le scottature.

 

 

Tese il guinzaglio e alla fine riuscì a sganciarsi gettandosi abbaiando fuori dal marciapiede. “Kelly” gli strillò dietro la padrona, ma il cane, avanzato di qualche metro sino quasi alla linea di mezzeria, si tratteneva sulla strada, ignorandola. La donna lo chiamò ancora ma la voce le uscì fioca, si portò sul bordo del marciapiede e con il guinzaglio che le pendeva si accingeva ad attraversare per riprendere il cane. Fu a questo punto che fece un gesto che a Roberto parve del tutto incongruo e, invece di voltarsi dal lato sinistro per controllare che non arrivassero macchine, si girò inequivocabilmente a guardare Gaston e alzò lentamente la mano destra in un segno di saluto, che Gaston ricambiò. Poi mosse decisa giù dal marciapiede e la berlina che sopraggiungeva a non meno di sessanta all’ora la travolse in pieno e la trascinò per una decina di metri davanti prima di completare la frenata. Kelly emise un latrato lancinante e cercò di infilarsi sotto il paraurti. Di lei si vedevano le gambe immobili.

 

 

 

“Ti conviene cambiare atteggiamento, ragazza. Voglio i nomi delle tue compagne. Non dico che in cambio ti prometto un futuro felice ma almeno ti eviti una morte da incubo”.

“Lascia andare mio padre” il filo di voce di Rose era molto meno vigoroso delle nuvole di tabacco bruciato di Briggs, simili a lampi di cherosene nella notte. “Non sa nulla”.

“Non sa nulla? E chi sa se lui non sa? Perché ti saresti affrettata a correre qui? Se ci dai tu le informazioni in effetti non abbiamo più cosa farcene del tuo paparino. Altrimenti lo teniamo, all’inizio solo come spettatore, dei tuoi prossimi impegni e vediamo come reagisce. Dai, semplifica le cose e lo faccio scendere dalla macchina”.

“Non ti credo. Quali garanzie mi dai?” sembrò rianimarsi Rose. Dall’altra parte echeggiò una risata fragorosa. “La sentite ragazzi? Vuole le garanzie la signora! Come le banche! E’ per questo che c’è la crisi economica sai? Nessuno vuole muoversi più senza garanzie. E poi ci si lamenta che le persone muoiono di fame. O di qualcos’altro. Quanto manca, Ramon?” disse rivolgendosi all’indio.

 

 

Se non si fosse sentito così legato a suo padre in quel momento Roberto non avrebbe osato aprire la raccomandata che il postino consegnò due minuti dopo che il padre era uscito.

 

 

“Di tutti i discorsi su Dio mi ha sempre colpito questa necessità che ciò che accade nel mondo debba rispondere a un fine, e che il nostro limite sia quello di non comprenderlo. Ma in passato mi sono sempre chiesto: perché mai ci avrebbe dovuto confondere le carte e farci giocare con fini differenti dai suoi? Magari è vero, i suoi fini sono diversi dai nostri ma solo perché si è evoluto, è andato avanti, li ha perfezionati. I nostri sono fini primitivi. Io lavoro nell’informatica, sa, e quindi mi capita di usare metafore sacrileghe chiamando in causa gli strumenti del mio lavoro: così una volta ho detto che Dio si è dimenticato di aggiornarci il software. Ha presente tutti quegli avvisi che arrivano sul computer e ti dicono che il tuo antivirus, o qualche altro programma, non è aggiornato? Così. I nostri fini, rispetto ai suoi, sono soltanto vecchi. E senza aggiornamento si fa quello che si può”.

 

 

Quell’immersione nella consapevolezza di sé, di fronte alla figlia inconsapevole, lo rendeva nudo, umiliato, fragile. Avrebbe voluto, in una rigenerante inversione di ruoli, cercare conforto e riparo nel suo grembo, nel suo sterno di volatile, sotto le sue ali d’aquilotto, sotto la tenda canadese della sua gonna dalla vita stretta, e lì, bambino, implorare il perdono della sua bambina che così malamente aveva allevato. Chiederle quale balordo, quale mezzo tossico, quale spiantato, quale puttanella, quale randagio, quale scorpione a dorso di rana, quale latte scremato, quale tronco abbattuto, quale lendine morta, quale crosta ammuffita era il suo confessore, la sua boa, la sua cassetta di sicurezza, e chiederle il permesso, lui, quel falso d’autore di padre, quell’ascensore bloccato tra i piani, quell’orma sulla sabbia che il ghibli stava cancellando, di interpellare il suo confidente, di inginocchiarsi al confessionale, di attaccarsi alla boa, di scendere nel caveau della banca, e domandare infine, tu che certo vali più di me, sapresti indicarmi come potrei giustificare che voglio continuare a vivere?

 

Essendo cieca poteva risultare irrilevante la direzione del suo sguardo. Eppure lei, che aveva la capacità di individuare la posizione precisa del mio corpo anche nel silenzio e nell’immobilità e parlarmi puntando il viso nella mia direzione, cambiava atteggiamento in quelle occasioni, e si profilava, rispetto a me a tre quarti, mostrandomi solo il lembo estremo di una delle pupille fisse: come se, inversamente alla serietà dell’argomento, si elevasse il pudore a esibire la bianca vacuità della sclera.

 

 

L’ultimo di cui mi sono occupato, la scorsa settimana, mi raccontava del figlio, quand’era piccolo, che si stendeva sul pavimento vicino a lui, a scarabocchiare, a disegnare, mentre lui lavorava. E a un certo punto mollava il lavoro, e si piazzava anche lui sul pavimento. E’ la più bella sensazione che ho provato, ha detto, e io lo guardavo senza capire. E lui insisteva, chi non ha vissuto quest’esperienza non ha assaggiato il meglio della vita. E quando il figlio è cresciuto, e si sa che non accadrà più, per quanto si possa essere impazienti di vederlo cresciuto, la perdita del pavimento, che ritorna a essere esclusivamente suolo da calpestare, è già un pezzo di morte”

“Io ho avuto una figlia, ma non l’ho provata quest’esperienza. Siamo vissuti distanti. Fisicamente, ma forse non soltanto quello. Credo di averla presa in braccio pochissime volte. Magari le questioni sono collegate. Non sei degno di alzarlo, un figlio, se non sai accorgerti di quanto è bello in basso, radente alla terra”

“La vita non è ciò che accade ma la capacità di dargli senso, questa è la convinzione che mi sono fatto, studiandola da fuori. Ne sono ammirato. Non un senso meccanico, come le procedure di cui mi occupo. Non l’incastro dei pezzi ma l’abilità di scomporli, di modificarli”.

“Allora temo che sarei un pessimo insegnante”

“Perché?”

“Perché mi riconosco di più nel senso meccanico. Perché arricchire le cose di un senso personale è una fatica, una scommessa, una sfida. E’ più comodo trovarsele al mattino con attaccato il cartellino che c’hanno messo gli altri. Che qualità ci vuole per dare un senso? L’intelligenza? Il cuore? L’istinto? Forse non sono una cima in niente, ma nemmeno proprio arido. E però ho imparato a campare così, superficialmente. Con il dolore ho optato per un patto di non belligeranza: lui promette di lasciarmi in pace e io di non chiedere tante spiegazioni. Sfuggo, svicolo, dimentico, oppure mi adatto.

 

 

 

“Memoria! Lo vedi, cominci a parlare esattamente come un umano. Non hai mai pensato che nessuna vita sarà mai estirpata sulla terra finchè esisterà la memoria? Ma sarebbe una discussione troppo sofisticata per te. E però non ti biasimo. Anche io fino a ieri ho vissuto all’ombra del rassicurante concetto che la correttezza di una procedura sia il massimo concetto filosofico ed etico elaborabile. Che fosse l’imitazione, o lo specchio della natura. Ma dietro l’apparente assenza di acredine verso questi esseri di cui ci occupiamo sulla terra nutriamo una profonda invidia, il dubbio che abbiano ragione loro. Che valga la pena di scompaginare le procedure, perchè ciò che vale è un progetto. Inseguirlo, realizzarlo, inciamparci, fallirlo, rinnovarlo, superarlo”

 

 

Stabilimmo un contatto tra le anime di quello che mai si potrebbe stabilire all’aperto, in mezzo agli altri, in mezzo alle convenzioni, in mezzo alla parole, nell’ingombro della luce, due esseri che si uniscono in un’identica nostalgia del nulla e in un’ubriacante pienezza, che non si conoscevano e non si devono niente, minacciati ognuno da se stesso, con la consapevolezza irripetibile che la vita non è altro che un ciclo alternato di perdita e riconquista, con l’ansia inattesa di ricominciare a perdere per poi poter riconquistare.

Su ciò che è relativo

Di |2020-09-11T15:16:37+01:0022 Settembre 2017|Derelitti e delle pene|

Monologhi dal carcere

Mio padre è stato un vero comunista, ha lavorato tutta la vita, ora abiteremo tutti nella casa costruita con i soldi sporchi, se lo sapesse mi ammazzerebbe come metto piede in Albania, ma io qui dentro sto pagando il mio debito con la giustizia e mi sento a posto, mi piace guardare come sta venendo, mi spediscono le fotografie, mi contemplo ogni piastrella nuova, (altro…)

La recensione del film
“Easy- un viaggio facile facile”

Di |2020-09-11T15:16:37+01:0022 Settembre 2017|Il Nuovo Giudizio Universale|

Per chi, come me, ama i giochi di parole Easy costituisce subito un invito a nozze. Easy infatti è il soprannome di Isidoro, un giovanottone depresso, sedentario, dipendente dalla play station, consumatore massivo di pillole e patatine, ex campione di go kart e attuale obeso (le due ultime circostanze sono collegate perché dal circuito delle corse l’hanno silurato per la sua incapacità di stare nel peso): ma easy pare anche il compito che gli affida il fratello, riportare in Ucraina la salma di Taras, un operaio irregolare caduto da un’impalcatura in un cantiere edile. (altro…)

Progetto di sangue,
Graeme Macrae Burnet

Di |2020-09-11T15:16:37+01:0022 Settembre 2017|Libri consigliati|

Bisognerebbe indagare su questa malattia che induce a catalogare qualsiasi libro, ormai anche le ricette di Suor Germana, come “”giallo. E’ accaduto, in recensioni di rilievo, anche per questo bellissimo romanzo che riprende in realtà la tradizione dei romanzi storici sui casi giudiziari, senza però in questo caso il riferimento a un reale fatto di cronaca. (altro…)

Kevin Spacey e gli impresentabili

Di |2020-09-11T15:16:37+01:0016 Settembre 2017|Fuori strada|

Capita da sempre che una compagnia teatrale debba sostituire un attore durante una tournée o un regista interrompere il rapporto con un interprete a film iniziato, ma sono circostanze che non si presentano agli spettatori. Diverso il caso in cui una serie a puntate debba affrontare in corso d’opera (letteralmente) un cambiamento di questo tipo. E’ un problema in cui sono incappate le soap opera e le telenovele: quel loro tirare in lungo, idealmente per l’eternità, rendeva inevitabile che circostanze critiche degli attori si riflettessero sui protagonisti. Si trattava di questioni legate alla morte, alla salute, al limite a divergenze sulla revisione del contratto. Sulla fiction gravava dunque l’onere di comprendere tra le variabili della trama non solo l’estro dello sceneggiatore o le richieste dell’audience ma anche gli aggiustamenti necessari per dare conto della scomparsa di un volto, risolta con partenze impreviste o più agevolmente con decessi. (altro…)

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