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Da “Avere o essere” di Erich Fromm

Di |2020-09-11T15:17:18+01:0019 Giugno 2020|Open space|

Libri usati

O che si dovrebbero usare. Brevi passi da sottolineare, a volte da percorrere.

La modalità dell’essere ha, come prerequisiti, l’indipendenza, la libertà e la presenza della ragione critica. La sua caratteristica fondamentale consiste nell’essere attivo, che non va inteso nel senso di un’attività esterna, nell’essere indaffarati, ma di attività interna, di uso produttivo dei nostri poteri umani. Essere attivi significa dare espressione alle proprie facoltà e talenti, alla molteplicità di doti che ogni essere umano possiede, sia pure in vario grado. Significa rinnovarsi, crescere, espandersi, amare, trascendere il carcere del proprio io isolato, essere interessato, prestare attenzione, dare. Nessuna di queste esperienze, però, può essere compiutamente espressa in parole, essendo queste recipienti colmi di un’esperienza che ne trabocca. Le parole designano un’esperienza, ma non sono l’esperienza. Nel momento in cui mi trovo a esprimere ciò che ho esperimentato esclusivamente in pensieri e parole, l’esperienza stessa va in fumo: si prosciuga, è morta e divenuta mera idea. Ne consegue che l’essere è indescrivibile in parole ed è comunicabile soltanto a patto che la mia esperienza venga condivisa. Nella struttura dell’avere, la morta parola regna sovrana; nella struttura dell’essere, il dominio spetta all’esperienza viva e inesprimibile.

Solo nella misura in cui noi limitiamo la modalità dell’avere, vale a dire nel non essere (cioè quella che consiste nel cercare sicurezza e identità aggrappandoci a quanto abbiamo, standogli seduti sopra, avvinghiandosi al nostro io, ai nostri possessi), la modalità dell’essere può emergere. Essere significa rinunziare al proprio egocentrismo ed egoismo, rendersi vuoti e poveri. Per la maggior parte di noi tuttavia, rinunziare all’atteggiamento dell’avere risulta troppo difficile, e ogni tentativo in questo senso ha per effetto di determinare l’insorgere di uno stato di intensa ansia, la sensazione di far gettito della sicurezza, di essere scagliati nell’oceano senza saper nuotare. Chi si trova in questa condizione ignora che, una volta gettata via la stampella della proprietà, può finalmente cominciare a servirsi delle sue proprie forze, a camminare con le sue gambe. A trattenerlo è l’illusione che non è in grado di camminare da solo, la paura di crollare qualora non sia più sostenuto dalle cose che possiede.

Le statue unite

Di |2020-09-18T15:49:42+01:0017 Giugno 2020|Limite di velocità|

“Ci vediamo dove c’è la statua”. “Quale statua?”. Un simile scambio potrebbe certo avvenire in una di quelle città nel mondo dove la statua non è più al suo posto, abbattuta dai dimostranti che, in questi giorni, hanno deciso di far scontare all’effige le malefatte ascrivibili al soggetto raffigurato. (altro…)

Da “Pensieri lenti e veloci” di Daniel Kahneman

Di |2020-09-11T15:17:19+01:005 Giugno 2020|Open space|

Libri usati

O che si dovrebbero usare. Brevi passi da sottolineare, a volte da percorrere.

Un esperimento condotto ad Harvard è il classico esempio di framing emozionale. Ai medici che parteciparono all’esperimento furono forniti dati statistici relativi agli effetti di due terapie – chirurgica e radioterapica – sul carcinoma del polmone. I tassi di sopravvivenza a cinque anni favorivano chiaramente la chirurgia, ma a breve termine la chirurgia era più rischiosa della radioterapia. Metà dei soggetti lessero i dati sui tassi di sopravvivenza, mentre gli altri ricevettero le stesse informazioni sotto forma di tasso di mortalità. Le due descrizioni dei risultati a breve termine della chirurgia erano:

Il tasso di sopravvivenza a un mese è del 90%.

Nel primo mese di registra un tasso di mortalità del 10%.

Immaginerai già i risultati: la chirurgia era molto più popolare nella prima formulazione (l’84% dei medici la scelse) che nella seconda (dove il 50 % preferiva la radioterapia). L’equivalenza logica delle due descrizioni è evidentissima e un decisore legato alla realtà farebbe la stessa scelta indipendentemente dallo loro formulazione. Ma sappiamo che il sistema 1 (nota mia: Kahneman chiama sistema 1 il processo di decisione intuitivo, impulsivo, associativo, automatico, inconscio, veloce ed economico, contrapposto al sistema 2, consapevole, deliberativo, lento, riflessivo) non è quasi mai indifferente alle parole emozionali: “mortalità” è un termine negativo, “sopravvivenza” è un termine positivo; “90% di sopravvivenza” suona incoraggiante, mentre “10% di mortalità” fa paura. Un altro importante dato portato alla luce dalle indagine è che i medici erano altrettanto soggetti all’effetto framing delle persone profane in campo medico. Evidentemente avere alle spalle studi di medicina non difende dal potere del framing.

In un’altra esperienza fu tenuto un discorso a un gruppo di funzionari della sanità pubblica, le persone che prendono decisioni in merito ai vaccini e ad altri programmi. Venne sottoposto loro il problema della malattia asiatica: metà dei funzionari videro la versione “vite salvate”, l’altra metà la versione “vite perse”. Come gli altri, quei dirigenti risultarono soggetti a effetto framing. Preoccupa che funzionari incaricati di prendere decisioni capaci di incidere sulla salute di tutti si facciano sviare da simili, banali manipolazioni, ma dobbiamo abituarci all’idea che anche le decisioni importanti siano influenzate, se non addirittura governate, dal sistema 1.

La strada in salita dell’app immuni e del contact tracing

Di |2020-09-11T15:17:19+01:005 Giugno 2020|Limite di velocità|

Per molte persone una nuova app gratuita da scaricare è una tentazione irresistibile: astenersi sarebbe come non servirsi al tavolo del buffet dell’albergo, o rifiutare i campioncini in profumeria. Roba da rigirarsi nel letto intere notti per il pentimento. (altro…)

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