Un paio di poesie sulle scarpe

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Suolitudine

Consumare le suole da un lato

soltanto quel peso divergente

sul selciato affondo dissimetrico

nel prato sghembo

scalfire le radici

della pianta

volo per metà metodico

rompere le righe

preclusa per l’artista

la striscia rettilinea della pista

il solco è cicatrice

chi ci dice però dov’è la meta?

Pare ci sia una chiromante

che legge non la mano ma le scarpe

si serve per sfilarle d’un calzante.

Le scarpe di Van Gogh

Le scarpe di van Gogh

sono entrambe sinistre

calzature bipolari

scomodo mistero da svelare

ma certo peggio è camminare

(sinistre non nel senso

di tetro o spaventoso

come sarebbero

due piedi sinistri

ma neppure due destri sarebbero rassicuranti).

Heidegger le vedeva da contadino

alcuni pensarono all’autoritratto

di chi si sentiva scarto

Derrida disse: sono scarpe e basta!

Oppure appartenevano a Vincent

non lui però

ma il fratello maggiore morto al parto

a cui Vincent usurpò il nome

e il precariato, l’altro godette la

postuma perfezione del mancato.

Certo è che

erano logore fangose e il cuoio

aveva smesso di pulsare.

O forse erano ai piedi

del letto

che aveva due gambe sinistre

o magari quel giorno

gli erano venuti male i girasoli.

Quel matto e le sue lune storte!

Sotto le sue notti stellate

tutti ancora rallentiamo il passo

e ipnotica è l’impronta

del nostro piede scalzo.

Di |2024-06-28T16:32:09+01:0021 Luglio 2023|12, Versi, versi pure|

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