Kevin Spacey e gli impresentabili

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Capita da sempre che una compagnia teatrale debba sostituire un attore durante una tournée o un regista interrompere il rapporto con un interprete a film iniziato, ma sono circostanze che non si presentano agli spettatori. Diverso il caso in cui una serie a puntate debba affrontare in corso d’opera (letteralmente) un cambiamento di questo tipo. E’ un problema in cui sono incappate le soap opera e le telenovele: quel loro tirare in lungo, idealmente per l’eternità, rendeva inevitabile che circostanze critiche degli attori si riflettessero sui protagonisti. Si trattava di questioni legate alla morte, alla salute, al limite a divergenze sulla revisione del contratto. Sulla fiction gravava dunque l’onere di comprendere tra le variabili della trama non solo l’estro dello sceneggiatore o le richieste dell’audience ma anche gli aggiustamenti necessari per dare conto della scomparsa di un volto, risolta con partenze impreviste o più agevolmente con decessi.

L’inconveniente si ripropone per le serie americane di ultima (o penultima, o terzultima) generazione. Ma la risoluzione del rapporto tra Kevin Spacey e House of cards non pare avere precedenti, trattandosi di una dichiarazione di sopravvenuto non-gradimento, in pratica di una defenestrazione dell’attore, da parte della produzione, che determina addirittura la sospensione della serie.

 

Che Spacey sia una specie di orco (beninteso fino a prova contraria) è emerso dalla progressiva vagonata di testimonianze, e probabilmente ne era a conoscenza anche la produzione di House of cards, se è stata tanto solerte nella presa di posizione. Rimane il fatto che in quel momento la colpa di Spacey era pubblicamente circoscritta a un fatto grave, ma commesso trent’anni prima (ricordo che dopo trent’anni non si può procedere penalmente nemmeno per un omicidio, se non è punibile con l’ergastolo), non consumato in una violenza finale ed emerso sin lì da una dichiarazione unilaterale.

In House of cards, come è noto, Spacey non interpreta un benevolo padre di famiglia ma un personaggio orrendo, nonostante si tratti del Presidente degli Stati Uniti (o magari proprio per quello). E’ un uomo spregiudicato che ha praticato ogni forma di manipolazione e intrigo per ascendere al potere e che Spacey stesso ha paragonato per ferocia a Riccardo III, che l’attore interpretò a teatro .

Dunque, ogni degradazione morale di Spacey lo rende più simile a Frank Underwood (per chi non lo sapesse il personaggio della serie): non vi rientra lo specifico sessuale ma l’arroganza e l’abuso del potere sono chiaramente alla base delle condotte dell’uno e dell’altro. Mai come adesso Spacey è diventato l’interprete perfetto. Perché allora rimuoverlo?

Si potrebbe obiettare che House of Cards ha uno scopo di denuncia sociale, intaccato nella credibilità se si pone in discussione la moralità dell’attore. Se però la vediamo da una diversa angolazione, la denuncia ne uscirebbe ulteriormente rafforzata e duplicata. La continuazione della serie rappresenterebbe per Spacey una sorta di messa alla berlina, la pena di mettere in scena anche i lati oscuri di se stesso. La metafora volerebbe oltre la Casa Bianca per abbracciare, in una miscela di realtà e finzione proprio di molta recente narrativa e delle performance della body art, l’intero, torbido universo del potere.

Ma forse è ancora viva la considerazione aristotelica per cui la contemplazione del male è catartica solo se sappiamo che quel che vediamo non sta accadendo veramente. Magari è questo a suggerire che l’attore conservi una netta (e favorevole) demarcazione etica dal protagonista.

 

Rimane tuttavia un dato sconcertante della nostra organizzazione sociale.

Se l’attore che interpreta un personaggio politico compie azioni immorali, gli viene precluso di continuare a incarnare il protagonista.

Se invece un personaggio politico compie effettivamente azioni immorali, anche direttamente collegate alla sua attività pubblica, quell’uomo può continuare a esercitare la sua funzione politica.

Proprio in questo stesso periodo si è discusso degli “impresentabili”. Proprio in questi giorni si profila la possibilità del ritorno ai vertici del paese di un uomo condannato per reati di corruzione (estremizzazione di pratiche di cui si macchia Underwood) o legati a certe disinvolture sessuali (come Spacey).

Se ne potrebbe ricavare che la moralità del mondo dello spettacolo è più esigente di quella della politica. Ma non pare che sia esattamente così. E del resto neanche sarebbe auspicabile.

Naturalmente è possibile che tutto si riequilibri, facendo leva iniziale sulla moralità del mondo editoriale.

Spacey pubblicherà un memorial, che sarà certo conteso a peso d’oro. Venderà milioni e milioni di copie. Spacey, riabilitato sul piano della popolarità, tenterà l’avventura politica. Nel frattempo il libro verrà tradotto e portato sugli schermi. A metà della produzione, tuttavia, l’attore scelto per interpretarlo sarà smascherato riguardo una grave violazione morale.

E tutto ripartirà da capo.

Di |2020-09-11T15:16:37+01:0016 Settembre 2017|Fuori strada|

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