Gli auguri di compleanno dopo le notifiche di Facebook

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Oggi Facebook mi notifica che 14 amici compiono gli anni e si porta avanti segnalandomi quelli che festeggeranno nei giorni a venire. In pochi secondi posso mandare un messaggio a ciascuno e anche ingraziarmelo con l’emoticon di una torta. Con molti di questi amici non c’è stata occasione di far seguire messaggi al contatto iniziale. Qualcuno effettivamente lo conosco, qualcuno è un amico davvero. Ma ha senso rispondere allo “stimolo” della macchina e ubbidirle inoltrando le candeline o mandando un video appositamente creato dal social?

 

Gli auguri di compleanno su FB (se ne fanno circa 45 milioni al giorno) sono un ottimo esempio di quel che, una volta delegato al social media, viene completamente trasfigurato. Dire “auguri” a qualcuno perché FB ce ne ha ricordato la data di nascita diviene un gesto di cortesia simile al “buongiorno” offerto alla persona che incrociamo sulle scale. Omettendo il regalo, che è riservato a pochi intimi oppure a occasioni mondane, gli auguri di compleanno si caratterizzavano storicamente per due qualità: ricordarsi della data e dedicare del tempo al festeggiato (fargli visita, telefonargli, scrivergli un biglietto). Erano questi due dati che colpivano chi li riceveva. Due segni di un’attenzione che era emersa spontaneamente, quale segno di affetto e considerazione, oppure che era stata curata, con l’annotazione su un diario personale (non esattamente la stessa cosa della spintarella di un algoritmo).

A un certo punto abbiamo cominciato a ricevere gli auguri, ad esempio, da un albergo nel quale avevamo soggiornato. Se il sottinteso dell’augurio dell’amico è: “Eccomi. Hai visto? Mi sono ricordato” quello dell’hotel è: “Gentile cliente, per ragioni di marketing registriamo su un database il giorno di nascita della clientela e abbiamo pensato che le avrebbe fatto piacere il riscontro che è nel nostro database, come le ha fatto piacere trovare le boccettine di shampoo e le ciabattine in camera”.

Poi sono arrivate le notifiche di FB.

 

Ai ragazzi di oggi potrà sembrare incredibile ma un tempo le persone si ricordavano a memoria anche una trentina di numeri di telefono (io potrei snocciolarne qualcuno che non compongo da una trentina d’anni). Oggi lo smartphone ci offre la “funzione” di abbinare il nome al numero e nessuno si ricorda neppure il proprio. Secondo me dire a qualcuno certo che ti chiamo, 0815468777 giusto? creava un brivido di intima complicità (in un corteggiamento appena intrapreso era il classico coniglio dal cilindro) e segnava un patto irrevocabile: la chiamata arrivava di sicuro (al contrario di certi attesi messaggi dei giorni nostri). Contro una falsa evidenza, nella probabilità che un atto sia compiuto incide favorevolmente che sia stato preparato (come avviene con un sforzo di memoria preliminare e finalizzato) piuttosto che proceduralizzato (reso automatico). E comunque l’atto che conclude una procedura sempre un pezzo di procedura è, con quel di anaffettivo, impersonale e meccanico che ogni procedura si porta appresso.

 

Torniamo al concetto di “funzioni” degli strumenti digitali e dei software: le distinguerei in opportunità, facilitazioni e sostituzioni. Le opportunità ci offrono l’accesso a quello che era irrealizzabile o molto più costoso (ad esempio riconoscere un qualsiasi brano musicale oppure reperire in una biblioteca civica un libro raro). Le facilitazioni rendono alcune attività più veloci oppure estendibili a una maggiore quantità di destinatari (ad esempio dare notizia di un appuntamento a trenta persone). Le sostituzioni consistono invece nel rimpiazzo di un’attività umana con un’attività informatizzata.

Quando discutiamo dell’uso buono o cattivo della tecnologia, trascuriamo che uno dei noccioli sia nel corretto impiego di queste tre categorie di funzioni. Le opportunità arricchiscono le nostre esperienze ma talvolta entrano in conflitto con opportunità altrui (ad esempio la possibilità di ascoltare gratuitamente la musica rende problematica l’aspettativa dell’artista di ricevere un compenso per la sua produzione). Le facilitazioni possono indurci ad accontentarci di quel che troviamo immediatamente disponibile, indebolendo la spinta ad estrarne qualcosa maggiormente in profondità (andando oltre le informazioni di Wikipedia o peggio del primo sito che ci rivela quanto siano nocivi i vaccini, non cercando una meta di viaggio su misura per noi in luogo di quella propostaci da Booking). Le sostituzioni ci liberano tempo prezioso ma ne mutano la qualità, quando quel tempo era “investito” nella protensione verso il prossimo, e in definitiva cancellano il significato sociale ed emotivo di alcuni gesti.

Il peggio, poi, è se una categoria di funzione viene impiegata al posto di un’altra. Quando rendiamo “sostitutivo” qualcosa che sarebbe “facilitante”. I social sono un mezzo per fare nuove conoscenze, o anche per mantenere e riprendere contatti che si erano persi, ma pure una modalità di infiacchimento di quelli che si coltivavano. Nel momento in cui la telefonata di Natale viene sostituita da una “circolare” su un gruppo è evidente che siamo entrati in una dimensione completamente diversa.

 

Nella maggior parte delle interazioni affettive (o sub-affettive o para-affettive o che mimano una forma di affettività) quel che dovrebbe contare non è tanto il risultato, quanto il mezzo con cui si arriva al risultato. Anche se è un collier di diamanti che la moglie riceve per regalo, non è la stessa cosa che il marito abbia delegato la sua segretaria a sceglierlo e comprarlo.

Fare gli auguri è un percorso mentale, è la traccia di un legame: se si cancellano il percorso e la traccia si cancella anche il valore degli auguri. Ci sono persone che su FB mostrano di gioire per il numero “incredibile” di amici che ha utilizzato la funzione (ovviamente non ringraziano con questa formula, ma tecnicamente dovrebbero): si fa per rito ed educazione, o a volte con sincerità e una solitudine che gli amici veri, quel giorno, avrebbero il compito di alleviare, rendendo il tempo libero del festeggiato più interessante della consultazione compulsiva di un device.

Proprio le notifiche dei compleanni, tuttavia, mostrano che l’individuo non è impotente dinanzi alla tecnologia, e il segreto sta nella consapevolezza delle categorie di funzioni (opportunità, facilitazione e sostituzione) e nella capacità di utilizzarle secondo quel che suggerisce l’animo e non il sistema.

Se la notifica è l’invito a liquidare la questione degli auguri nel modo più semplice, la sfida dell’individuo (selezionando le occasioni che dal suo punto di vista lo meritano) dovrebbe essere quella di alzare l’asticella: inventarsi una sorpresa, un messaggio significativo, un’azione spiazzante. Qualcosa che rimetta in gioco il valore del tempo e dell’attenzione dedicati a un’altra persona. Significati che fra l’altro, così come è in grado di soffocare, la tecnologia (con le funzioni che offrono opportunità) è pure in grado di moltiplicare.

Insomma, la questione (mica poi così banale) degli auguri di compleanno è un buon criterio di orientamento per rapportarsi nel miglior modo alla digitalizzazione anche in occasione dei non-compleanni.

Di |2020-09-11T15:17:23+01:006 Luglio 2018|Web philosophy|

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