Fiumi di Chiostro: la mostra “Crazy” al Bramante

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Ufficio Visti

Esistono pochi luoghi in cui la fusione tra una struttura architettonica rinascimentale e le installazioni di arte contemporanea si realizzi con tale mirabile naturalezza come l’ingresso nel Chiostro del Bramante. A parte l’attitudine dell’edificio, ne va certo ascritto merito al curatore Danilo Eccher, che sta realizzando in quegli spazi espositivi una serie di mostre caratterizzate da continuità narrativa, carnevalesca saturazione sensoriale, dilatazione illusionistica e perturbante dello spazio; e certo anche enfasi, eccesso di auto-compiacimento e di marketing nell’uso di parole acchiappatutto (inclusivo, partecipativo, immersivo), istrionismo nella proposta del tema. Sotto quest’ultimo profilo il gioco di Crazy.

La follia nell’arte contemporanea (che dopo quasi un anno andrà a concludersi l’8 gennaio) quale rapporto tra ispirazione artistica e follia è piuttosto pretestuoso, e se anzi si dovesse valutare la mostra per l’offerta di qualche spunto di dibattito sul tema il giudizio dovrebbe essere negativo (e se lo decliniamo come pura “esplosione di creatività”, in teoria potrebbe adattarsi a un buon atelier). Ma quel che funziona perfettamente è la consonanza estetica nell’antirealismo delle opere di ventuno artisti, così come la qualità della selezione, comprendente undici lavori inediti e alcuni dei quali veri concept pensati per il luogo (come si usa dire, site-specific: fra tutti notevole l’affresco dei Fallen Fruit nella sala delle Sibille, iconografie romane su carta da parati). L’incanto, come accennavo, comincia nel chiostro, con il manto di vetri rotti di Alfredo Pirri che accompagnano il calpestio: che – e non è certo l’unico caso – raccontato così non è questa botta di creatività (ma se lo vedete dal vivo invece sì).

La rottura degli equilibri, il rovesciamento delle aspettative e la commutabilità delle esperienze e dei materiali tipica dell’esperienza onirica o trascendente costituiscono i principali canoni espressivi di Crazy. Per una volta descrivere una mostra come un luna park (in effetti per i bambini è una meraviglia) non implicherebbe un’accezione negativa: serve anche a indicare l’umore tutt’altro che distopico e per nulla introverso che indica come, contrariamente al temuto, la pandemia abbia stimolato le energie vitali più che depresso gli spiriti, quanto meno nella rappresentazione artistica. Tra i momenti più abbacinanti sceglierei il soffitto post-crollo di Thomas Hirschorn, i giardini sospesi di Petah Coyn, la sgargiante farfalla monarca di Janet Echelman e il video citazionista e decontesualizzante del ballo in maschera di Yinha Shonibare, forse l’opera migliore in assoluto (personalmente invece i testi neon della star Alfredo Jaar li trovo di un già visto quasi impiegatizio). Non mancano momenti di ristoro meno appariscenti ma pur risucchianti, quali le misteriose maschere lungo il chiostro di Gianni Politi, l’armadio dell’inconscio di Sissi e un geniale derby di inni rivoluzionari fra i tamburi di Anri Sala. Molto divertente che la mostra non si scolli dalle spalle neppure, che so, per salire le scale, dove gravano le 1500 farfalle nere di Carlos Amorale o le colate di pigmento di Ian Davenport. Un neo: è inutile riempirsi la bocca con il coinvolgimento dei giovani se poi, passati i 14 anni, gli si fa pagare il biglietto pieno, che è anche sopra la media delle mostre.

Crazy. La follia nell’arte contemporanea

Chiostro del Bramante, Roma.

Fino all’8 gennaio 2023

Anche se prevale un tono leggero e una gradevole vena di humor, la documentazione è solida, gli esempi fitti e illuminanti

Corrado Augias, Il Venerdì

Un trattato, mica bruscolini. Il trattato, infatti, tipo quelli di Spinoza o di Wittgenstein, è un’opera di carattere filosofico, scientifico, letterario (...) E così è. Nel suo trattato Bassetti espone il come e perché dell’offesa.

Francesca Rigotti, Il Sole 24 ore

 

C’è un passo in cui di Bassetti dice che questo è un tema sorprendentemente poco esplorato...Non lo è più da quando c’è questo libro

La conclusione del conduttore di Fahrenheit – Tommaso Giartosio

 

Queste sono le tre ragioni per cui ci si offende:

  1. Hai detto male di me

  2. Hai violato un confine

  3. Non ti sei accorto di me come, e quanto, avresti dovuto

Di |2023-01-05T18:57:40+01:009 Dicembre 2022|Ufficio visti|

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