Cartier Bresson? Per curarlo ce ne volevano cinque.

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Ufficio visti

La Grand Jeu a Parigi

Tra le numerose mostre che celebrano Bresson, la Biblioteca Nazionale di Francia ha riprodotto una formula tra le più originali, quella varata da Palazzo Grassi nel 2020, funestata dalla pandemia. Partendo dalle 365 foto della “Master Collection”, l’archivio creato da una selezione personale dell’artista stesso nel 1973, è stato chiesto a cinque curatori d’eccezione di scegliere, ciascuno in una stanza, la propria galleria di preferenze. Al virtuoso gioco hanno partecipato il collezionista Francois Pinault, lo scrittore Javier Cercas, la fotografa Annie Leibovitz, la direttrice della BNF Silvye Aubenas e il regista Wim Wenders. Decidere per chi parteggiare è una scelta del tutto soggettiva (personalmente opterei per Cercas e per il “bonus track” del video di Wenders che prende in mano e commenta con molta semplicità le foto una per una). Ma l’aspetto più interessante è la scelta di Cartier Bresson: che cosa sente ancora intensamente suo un artista che aveva esplorato la camera oscura in modo totale per poi ritirarsi nella pittura, dichiarando che la fotografia aveva smesso di interessarlo? In effetti molti dei suoi capolavori più noti sono stati cassati dalla collezione finale: c’è pochissimo di surrealista o di terzomondista; rimangono poche scintille della foto di denuncia e di documentazione storico-politico. Possiamo ora dire con certezza che Cartier Bresson aveva riservato il suo affetto più duraturo ai ritratti (non solo quelli dei grandi personaggi) e alle foto di strada che esibivano il suo famoso “momento decisivo”. Che cosa era rimasto dentro di lui, a giudicare dal suo testamento artistico? Più un desiderio di bellezza che di indagine, più nostalgia che dolore. Gli era rimasto dentro il suo bianco e nero.

Anche se prevale un tono leggero e una gradevole vena di humor, la documentazione è solida, gli esempi fitti e illuminanti

Corrado Augias, Il Venerdì

Un trattato, mica bruscolini. Il trattato, infatti, tipo quelli di Spinoza o di Wittgenstein, è un’opera di carattere filosofico, scientifico, letterario (...) E così è. Nel suo trattato Bassetti espone il come e perché dell’offesa.

Francesca Rigotti, Il Sole 24 ore

 

C’è un passo in cui di Bassetti dice che questo è un tema sorprendentemente poco esplorato...Non lo è più da quando c’è questo libro

La conclusione del conduttore di Fahrenheit – Tommaso Giartosio

 

Queste sono le tre ragioni per cui ci si offende:

  1. Hai detto male di me

  2. Hai violato un confine

  3. Non ti sei accorto di me come, e quanto, avresti dovuto

Di |2022-01-07T11:29:05+01:0011 Giugno 2021|Ufficio visti|

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