Antony Gormley

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Ufficio visti

Un artista che si occupa prevalentemente del rapporto tra lo spazio e il corpo umano. Questa è l’etichetta principale affibbiata ad Antony Gormley. La grande retrospettiva dedicatagli nella maestosa cornice della Royal Academy a Londra è utile a sfumare questa specializzazione e anche a suggerire quale sia il punto di equilibrio in cui l’osservazione ecosistemica (il modo fisico in cui un corpo si adatta a un ambiente, e contribuisce a ridefinirlo) incontra lo stadio espansivo della coscienza: che a sua volta si modella mediante il la collocazione nella mutevolezza ambientale e l’adattamento sensoriale che ne consegue. Sgombriamo subito il campo dall’idea (che sottilmente la curatela cerca di inculcare) che il lavoro di Gormley abbia qualche particolare interesse per l’ecologia o il riscaldamento climatico, o più in generale una qualche valenza politica. Gormley del resto è guidato da un ottimismo di stampo buddista e nonostante costelli le sue opere di garbati ma insidiosi e allusivi tranelli illusionistici non risulta mai angosciante. I più lo conoscono per le statue di acciaio che riproducono il suo corpo a grandezza naturale, e che ha esposto in ogni luogo possibile: nella sale della Royal Academy si distribuiscono tra pavimento, pareti e soffitto. Ma nella prima sala l’identità umana e la pensosità o l’abbandono nelle sue posture sono affidate  a quattordici cubi composti in varie forma geometriche. Sin da quell’opera (Slabworks) si potrà riconoscere la sua attitudine più significativa: rendere compresenti e paritari protagonisti la figura umana e i materiali che la simulano o riassumono. Ma le idee di Gormley, come si diceva, superano l’asfissia di un marchio di fabbrica. C’è ad esempio una bellissima rappresentazione della maturazione di una mela frazionata in cinquantatre stadi; c’è l’incrocio di ventuno gabbie sospese in alto che riproducono nei propri vuoti lo spazio medio di una camera da letto, simbolicamente coincidente con quello del sogno, e che rendono impossibile all’occhio di cogliere l’esatta distanza tra i confini metallici; e c’è uno spassoso (sì, la mostra è anche molto divertente) tubo di  alluminio della lunghezza diotto chilometri ripiegato in spirali che richiamano l’elettrone come il ghirigoro e invitano fisicamente lo spettatore ad attraversarlo, integrandolo nell’opera e nella sua aspirazione trascendente.

 

Antony Gormley

Royal Academy

Londra

Di |2020-09-11T15:17:27+01:0024 Ottobre 2019|Ufficio visti|

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