Musiche di Natale, ma non le solite

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Proposte di colonna sonora per le feste

In molte case, di questi tempi, è impossibile sottrarsi al fascino della musiche natalizie, e ben lo sanno le case di incisione che propongono raccolte delle quali troppo spesso è palese il mero fine commerciale. Come cavarsela se si è esausti di ascoltare White Christmas (speriamo che ciò avvenga affidandosi alla voce di Louis Armstrong e scansando come la peste le versioni di Michel Bublé o di Lady Gaga) o Silent night (possibilmente Bing Crosby, Frank Sinatra o Ella Fitzgerald). O se ci si è concessi a sufficienza di immergersi in quello straordinario monumento canoro delle sei cantate che compongono l’Oratorio di Natale di Bach (suggerirei nell’interpretazione di Gardiner o in quella di Herrewege)?

 

I dischi di Natale vantano aderenti inattesi. I Jethro Tull, nel 2003, cedettero a questa tentazione con alcuni brani originali, essenzialmente di argomento natalizio, in cui la parte pastorale era ovviamente sulle spalle del flauto di Ian Anderson che in Christmas song mise in critico collegamento lo spirito originario con il suo logorio consumistico (insomma ottimo da ascoltare, ma non durante lo spacchettamento dei doni). In un altro brano, Anderson si preoccupò di quei bambini che sono nati poco prima di Natale e vedono la loro celebrazione parzialmente oscurata dalla nascita più famosa (era il caso di sua figlia Gael).

Bob Dylan (Christmas in the Heart) si limitò invece a eseguire diligentemente alcune melodie classiche, e si potrebbe partire prevenuti sull’ipotesi che la sua voce roca sia la più adatta a tramandarne l’incanto. Eppure tirò fuori una versione di “Little drummer boy” che fa impallidire quasi tutti i predecessori (benchè il premio dell’originalità vada all’accoppiata Bing Crosby-David Bowie). Si infuriò con i critici che pretendevano di attribuirgli intenzioni dissacranti, lamentando che continuavano a non capire nulla di lui e della sua musica.

L’iniziativa più incredibile porta la firma dei longevi punk-core Bad Religion. Cosa aspettarsi da una band atea la cui effigie è un crocifisso sbarrato e che spara riff coverizzando otto canzoni (più la propria antimilitarista e antipatriottica American Jesus) in venti minuti? Potrete non crederci ma l’essenza rimane intatta e a modo suo toccante.

Quanto al jazz, abbandonando quello classico, una proposta non patinata e non esattamente filologica piuttosto recente proviene dal Jazzy Christmas di Paolo Fresu.

 

Ma siamo sempre nell’ambito di canzoni che festeggiano quelli che festeggiano Natale, e per risalire alle radici religiose bisogna tornare alla musica classica, dunque ai canti natalizi e tradizionali e ai carol. Pochi ne hanno reso la fulgida bellezza dentro un’oculata selezione di cori a cappella di matrice anglicana- ma non solo- come i King’s Singers (il disco si chiama semplicemente Christmas), e in realtà contiene pure uno splendido repertorio novecentesco, inclusi Part, Taverner e soprattutto John Rutter, compositore la cui letizia liturgica sconfina talvolta nella ruffianeria ma per chi è facile alla commozione è un piacere cascarci. Il momento più alto del disco è forse Stille Nacht, nell’arrangiamento proprio di Rutter.

Un oratorio luterano pieno di cori scintillanti e poco conosciuto è quello composto da Georg Gebel (il disco della Cappella Thuringia per la Cpo contiene anche un canto di capodanno, se volete portarvi avanti). Gebel fu il più illustre compositore della Corte di Rudolstadt, sotto Giovanni Federico, un grande mecenate della musica e- composto nel 1748- venne eseguito nella città per quasi 150 anni durante la messa di mezzanotte.

Un’alternativa barocca, anch’essa piuttosto ignota, è il Cantem nadal che raccoglie intensissimi canti occitani, a fianco dei quali molto pesa nel buon esito la scelta del timbro cameristico.

Personalmente, trovo che la colonna sonora ideale per contemplare l’albero sia la raccolta di canti celtici e britannici Wolcum Yule incorniciati dall’arpa di Andrew Lawrence-King, benchè un po’ furbescamente vi siano commisti canti profani (molto prossimi al folk degli Steeleye Span o dei Fairport Convention) che con il Natale c’entrerebbero poco. Almeno storicamente, perché si deve ammettere che sono natalizi anche quando chi li ha composti (di solito rimasto anonimo) non ne era del tutto consapevole …

E arrivati all’epifania? Ho L’Adorazione dei magi che fa per voi! Il compositore napoletano Cristoforo Caresana, vissuto a cavallo tra Settecento e Ottocento, dimenticato per secoli, è stato meritoriamente riscoperto nel 1990, grazie alle incisioni di Antonio Florio con la Cappella della Pietà dei Turchini. Sono cantate per gruppi di cinque o sei voci e strumenti destinati alle esecuzioni natalizie, miniature che irrobustiscono il clima festoso introducendo il caricaturale a fianco del sacro. Ben possiamo dire presepiali, dunque, come fossero animazione delle statuine che a Napoli non disdegna di collocare Pino Daniele o Trump a qualche centimetro di distanza dalla grotta.

Di |2020-09-11T15:17:25+01:0012 Dicembre 2019|Lo Storiopata|

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