La nuova legittima difesa for dummies

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Quante cose possiamo immaginare più angoscianti che svegliarci nel corso della notte e renderci conto dai rumori che qualcuno si è intrufolato in casa? O apprenderlo direttamente da lui, mentre ci punta un arma contro?

E sentirlo che minaccia di far del male ai nostri cari, o vedere che comincia a farlo? Quasi l’orrore ancestrale dell’animale che avverte il fiato del predatore che si è insinuato nella sua tana. Scusate, se insisto sulle domande: e quante cose possiamo immaginare più stupide che criminalizzare la vittima che, sottoposta a queste pressione, ha reagito e colpito mortalmente l’aggressore?

Magari la pistola di costui era caricata a salve, oppure era solo un’impressione che ce l’avesse: ma poteva, la persona minacciata, domandarglielo? Ovviamente è sciocco sostenerlo. E’ una persona comune e impaurita, non Burt Lancaster o Henry Fonda che, nella parte di Wyatt Earp, intima a qualcuno di consegnargli la pistola. Al trauma della lesione dell’intimità è terribile che si debba aggiungere il trauma del processo.

A fronte di queste premesse, che sottoscrivo e faccio mie, sta per nascere la nuova legge sulla legittima difesa fortemente voluta da Salvini. Cercherò però di spiegare perché il progetto, a tali premesse, non risponda pienamente, perché minacci le basi civili del nostro vivere insieme e perché finirà per mettere in pericolo più vite di quelle che teoricamente dovrebbe salvare.

 

Per non tediare il lettore non giurista, cerco di cassare quasi del tutto i termini tecnici e il testo del disegno di legge. Dicevo, delle premesse: la nuova legge nasce per coprire la casistica che abbiamo appena esposto? Non esattamente, per due ragioni.

 

La prima è che in buona parte essa era già coperta dalla legge esistente, che non solo prevede sistematicamente la legittima difesa (non viene punito chi reagisce al pericolo imminente di un danno grave e ingiusto secondo una logica di proporzione), ma ha introdotto nel 2006 una speciale legittima difesa domiciliare. Nella situazione che ho prospettato, all’inizio, se la vittima dell’aggressione reagisce, anche uccidendo chi la minaccia, si presume che vi sia stata proporzione nella legittima difesa, e a dimostrare il contrario deve essere il pubblico ministero. Sempre nel 2006, poi, all’ipotesi della rapina in casa era stata equiparato quella della rapina sul luogo di lavoro, nel negozio o nell’ufficio. Che è questione diversa ma in certi casi pure penosa e logorante (il tabaccaio che subisce la trentesima rapina).

 

La seconda è che la nuova legge non interviene precisamente sul caso che abbiamo descritto ma lo allarga notevolmente stabilendo che non è punibile la reazione di chiunque voglia respingere un’intrusione posta in essere con violenza e minaccia. “Respingere l’intrusione” è impedire preventivamente che avvenga e questo è ragionevole: ma si può farlo, spesso, in molti modi. Gridando, chiamando la polizia, chiudendo il cancello blindato, sparando in aria. Senonché la legge, in questo caso come in quello precedente, aggiunge che il soggetto agisce “sempre” in stato di legittima difesa e che quando eccede i limiti non è comunque punibile se è in stato di “grave turbamento”. Quindi se il ladro sta forzando un cancello (anche quello di un condominio,) e un inquilino, pum, gli spara per ucciderlo, sta esercitando un suo diritto (uso l’espressione in modo non tecnico ma la sostanza è così). Se mentre quello scappa, pum, gli spara nella schiena, essendovi di certo stato di turbamento, è tutto regolare. Se lo vede da fuori che gli sta entrando nel capannone a rubargli attrezzi per un valore di cento euro e pum gli spara e lo accoppa è nel giusto, siccome non conta la proporzione né tra la gravità della minaccia e la potenza della difesa, né tra il valore di quel che salva chi si difende e quel che ci rimette chi commette l’intrusione.

In sostanza, la legittima difesa, a parte la proporzionalità, richiede di solito altre due cose: che il pericolo sia attuale (cioè non posso reagire a un pericolo che è cessato ) e che la difesa messa in atto sia quella necessaria (cioè, ragionevolmente non potevo difendermi in un altro modo). Questi due requisiti, nei casi che ho indicato, non potranno più essere accertati. Era casa tua (o il tuo ufficio)? Sì. Quello che è entrato, o che stava per entrare, lo avevi invitato? No. E tanto basterà per archiviare il fascicolo. Sia negli ultimi casi che ho esposto (l’intrusione che sta per cominciare) sia nel primo (l’intrusione odiosissima che è in corso).

Il secondo caso è diverso dal primo. Ma anche in quello farei una precisazione: la reazione dell’aggredito – per via del turbamento, perché non conosceva la pericolosità dell’invasore, per via del pericolo per i suoi cari – sarà quasi sempre giustificabile. Quasi vuol dire quasi. Se sono un ex militare e pesco sul fatto la zingarella che mi sta fregando la bicicletta dal cortile e penso: stronza, adesso vediamo se ci riprovi, e la fulmino seduta stante, il giudice oggi può dire che no, forse la mia difesa non è proprio legittima. Con la nuova legge non potrà.

 

(Prima di proseguire: so bene che i confronti e i dati hanno un valore limitato se la gente ha paura, però questa non è una buon ragione per tacerli. Confronti: con questa legge l’Italia si pone su un piano parecchio più radicale degli altri paesi. Nessuno calca la mano contro la vittima di un intrusione domestica: però – per dire – in Spagna si distingue a seconda che la minaccia sia rivolta verso persone o beni patrimoniali; in Francia si esige la proporzione tra i mezzi impiegati per la difesa e la gravità dell’attacco; in Gran Bretagna l’uso della forza deve essere necessario e non eccedere il limite della ragionevolezza; in Germania chi ha sparato per legittima difesa deve dimostrare al giudice che il pericolo era imminente, e tanto deve persino nella quasi totalità dei focosissimi Stati Uniti. Dati: secondo gli ultimi disponibili dell’Istat le rapine e i furti non sono aumentati ma diminuiti rispettivamente del 12,3% e del 9,5%.).

 

La nuova disciplina sulla legittima difesa determina diverse inversioni del senso comune.

La prima è un’inversione del contratto sociale. I nostri Stati si fondano su questo concetto: tutti cediamo allo Stato il diritto di usare la forza, incluso quello di farci giustizia da soli, e lo Stato in cambio del monopolio della violenza ci protegge. Cioè dice: sono solo io che posso sparare.

Qui il patto si ribalta. Lo Stato, che quando esercita la violenza deve farlo entro certi limiti, consegna ai cittadini il potere di esercitare la violenza fuori da quei limiti. Quel che condurrebbe un poliziotto in prigione diventa lecito per il privato. Un privato che si intende anzi instradare all’acquisto della armi, come negli Stati Uniti, dove quelle stesse armi servono pure per uccidere il figlio che era stato scambiato per un ladro (anche questo fa parte della cronaca) oltre che, in mano a degli squilibrati, per fare stragi nelle scuole.

Dunque, tornando a noi, lo Stato non sta dicendo: io ti difendo. Sta dicendo esattamente il contrario: io non ti difendo. Veditela tu, e se sopravvivi io ti evito un processo. Se lo Stato avesse voluto difenderci avrebbe detto al cittadino qualcosa come: raddoppio le pene, triplico i mezzi, quadruplico la vigilanza. E quando chiami il numero per le emergenze ti assicuro che non stanno lì a farti cento domande ma si fiondano in un amen, anche se qualche volta capiterà di fare il viaggio a vuoto perché ti eri spaventato inutilmente, e pazienza, ti daranno una stretta di mano e ti augureranno buona notte.

 

La seconda è un’inversione dei valori. La convivenza civile si fonda su una gerarchia di ciò che va salvaguardato. Al primo posto c’è la vita umana (del resto, se è un convivere…). Persino durante la guerra quello che ha lanciato sette granate e viene fuori con le mani in alto gridando: “Non sparate, mi arrendo” il codice di guerra vieta di stenderlo con una mitragliata. La vita, insomma, va sacrificata solo in casi eccezionali, e mai per scontare la pena di qualcosa che si è commesso, tant’è che è non è ammessa la pena di morte. Con la nuova norma sulle legittima difesa ci saranno persone il cui diritto alla vita, mancando l’esigenza di una proporzione, non sarà proprio messo nel conto. Qualcuno dirà: aveva solo da non entrare! Ma saremmo pronti a ragionare così in una sfera più allargata? A sprezzare i morti per cause a loro ascrivibili (schiantarsi in auto per superare i limiti di velocità, suicidarsi per una rovina finanziaria, praticare un mestiere pericoloso ecc.) eccependo aveva solo da, e lo faremmo anche se fossero figli nostri?

 

La terza è un’inversione del sistema penale, che dovrebbe orientarsi a contrastare i comportamenti dannosi secondo una scala di gravità.

Pare raggiunta una certa concordia, almeno teorica, sul fatto che la violenza sessuale di cui è vittima la donna sia uno dei crimini più odiosi. Certamente lo è più che subire un’intrusione in una casa o in ufficio quando questa non mette a repentaglio l’incolumità delle persone ma i loro beni patrimoniali. Eppure, anche nel caso dei beni patrimoniali sarà possibile (ed entro certi limiti già lo è) la legittima difesa rinforzata. Perché non allora per la violenza sessuale? Anche in quel caso possiamo immaginare una difesa che legittimi qualsiasi atto non soltanto quando è cominciata ma quando si tratta di respingere un’intrusione. Non sarebbe forse in stato di grave turbamento una ragazza tallonata per un chilometro su una strada isolata da un giovanotto che sostiene di essere armato e la minaccia che prima o poi, e forse più prima che poi, le salterà addosso per spassarsela? Non sarebbe un principio di intrusione? E perché a quel punto la ragazza, invece di rivolgersi in richiesta di aiuto ai passanti che intravede a pochi metri, non può voltarsi e piazzare una pallottola in mezzo agli occhi al maschio insidioso, con la certezza di non dover subire processo alcuno? Se siamo d’accordo con la tutta la nuova disciplina sulla legittima difesa domiciliare dovremmo riconoscere che nel codice mancherebbe una norma analoga a tutela di questa ragazza. E anche parecchie altre norme, tutte volte a punire chi aveva solo da non farlo.

Ovviamente, tendiamo a stereotipizzare più il rapinatore di casa che il molestatore sessuale: il primo come uno straniero; il secondo qualche volta ci scappa che è il figlio del bravo borghese che aveva solo bevuto un po’ troppo … E questo fonda la diversità dell’atteggiamento.

 

Ma mettiamo infine che ci stia bene questa differenziazione sociale, classista, etnica. Che non ci stia a cuore la vita di quelli che avevano solo da restare a casa (nel senso: al loro paese) e che non siamo abbastanza lungimiranti che l’abbassamento della soglia di ripugnanza verso la violenza è un bubbone che a un certo punto infetta in più punti la vita sociale.

Ma cosa diremo quando a sparare sarà lo straniero, del quale i ragazzotti in cerca di bravate, avevano invaso il domicilio? O quando ad avere l’impressione sbagliata sia stato l’aggressore, che ha visto l’uomo in casa portarsi la mano al petto per lo spavento e – con i tempi che corrono! – avrà scambiato quel gesto per la ricerca di un’arma e lo avrà freddato? Quando dei cittadini miti che non hanno inteso armarsi, o stupidamente lo hanno fatto presumendo di essere Burt Lancaster ed Henry Fonda che interpretano Wyatt Earp che con il fucile o la colt li stende tutti in fila, pagheranno con la vita la suscettibilità dei delinquenti che si saranno adeguatamente attrezzati per quello che è il mestiere loro, e tendenzialmente non quello di chi si difende? Quando arriveranno, e non c’è bisogno di essere indovini per prevedere che arriveranno, saranno tutti da addebitare a Salvini. Che non ne sarà turbato più di tanto, perché nel frattempo il tornaconto elettorale lo avrà incassato, e perché, sono queste, responsabilità che non determinano una richiesta di autorizzazione a procedere ma solo l’inquietudine di una coscienza che sia viva.

Di |2020-09-11T15:08:00+01:001 Febbraio 2019|Limite di velocità|

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