Perchè emigrate?

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Per spiegare il fenomeno dei migranti gli analisti politici spendono spesso fiumi di parole, a volte inutilmente complicate. Ogni tanto non guasta chiedere una risposta lapidaria ai diretti interessati, come ha fatto l’artista tunisina Helà Ammar, nell’opera Unwritten stories, esposta alla Biennale di Fotografia Araba in corso a Parigi. Le foto sono tre e mostrano null’altro che il mare: vicino, tentatore, minaccioso. Dei migranti si ascolta solo la voce, o si legge la risposta.

Non voglio aggiungere nulla alle loro parole, ordinate e ricomposte secondo la sensibilità di un’artista. Ognuno ne tragga le riflessioni che crede: su loro, su noi, su noi visti attraverso loro. Ma per favore, senza fretta e superficialità, provando a rileggerle qualche volta di più.

“Perché non c’è alcun modo di vivere una vita decente qui”

“Perché loro sanno cosa significano i diritti dell’uomo”

“Perché ne vale la pena. Cerco la mia occasione”

“Perché persino le loro prigioni sono meglio delle nostre”

“Perché a nessuno importa di noi”

“Perché non credo che ci sia un futuro per noi”

“Perché muoio dalla  voglia di vedere Parigi!”

“Perché sono già morta qui”

“Perché altri l’hanno fatto, e ora sono ricchi e felici”

“Perché se non hai soldi, nessuno ti rispetta”

“Perché non ho altra scelta”

“Perché i miei bambini meritano una vita migliore”

“Perché se sei giovane e povero anche se non hai fatto niente di male la polizia se la prende con te”

“Perché persino i nostri diplomati sono senza lavoro”

“Perché è la mia sola via d’uscita”

“Perché è impossibile per qualcuno come me ottenere un visto”

“Perché?”

“Perché lo chiedete?”

“Riuscite a capire?”

“Voi siete liberi di andare e venire”

Di |2020-09-11T15:16:36+01:0018 Ottobre 2017|Limite di velocità|

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